Ci sono storie destinate a durare per sempre
15 Novembre
Siamo all’inizio degli anni Ottanta. 1982 per la precisione.
Lui ha vent’anni, lei diciassette – ma ancora non si conoscono.
Lui è un giovane studente d’ingegneria; lei, invece, ne ha già passate “di cotte e di crude” e, poverina, è piuttosto provata.
Il tutto nasce da un rifiuto del padre del ventenne di prestare a suo figlio per una serata galante la Ritmo 60CL di famiglia nuova di zecca.
Ovviamente la serata galante non si fece e il ventenne decise che era ora, visto che aveva un po’ di risparmi, di trovare la sua torpedo blu.
I risparmi? 350.000 Lire al secolo (circa 170 euro). Una miseria per acquistare una vettura anche per quell’epoca.
Non si perse d’animo, il ventenne, e fu così che, insieme a un amico, iniziarono a visitare prima le concessionarie, poi gli automercati, poi gli autosaloni e, infine, quei poveri Cristi che su un prato avevano installato un Container che fungeva da ufficio. Insomma, la corte dei Miracoli!
Era una sera di ottobre, le classiche “ottobrate romane” con tramonti mozzafiato e una temperatura ancora gradevole.
I due disperati vedono una “Corte dei Miracoli” sulla via Flaminia alle porte di Roma.
Ormai sanno che è meglio dire prima quanto sono disposti a spendere e poi salutare.
Il venditore alza gli occhi al cielo ci pensa su un attimo e poi dice: “Annamo a vede che ce sta laggiù in fondo”.
Prima proposta (indecente): una Simca 1000.
Il ventenne immagina la faccia della poveretta invitata a cena che lo vede con una macchina simile e dice a sé stesso: “No. C’è un limite a tutto”.
Seconda scelta: una Bianchina Panoramica tetto apribile targata Roma 81….. del 1965.
Ecco la diciassettenne!
Colore marrone, un faro che pende, l’interno una vergogna, probabilmente ci sono i topi, corrosione un po’ ovunque, stato della meccanica non pervenuto.
Il venditore ovviamente assicura che quello che non si vede è perfetto.
Ci fu un colpo di fulmine tra il ventenne, cioè io, e la ragazzina.
“Affare fatto! Domani la vengo a prendere e me la porto a casa”.
Il mio amico mi dice: “A Frank, ma sei sicuro? È ‘na schifezza!”
“Tranquillo, Robè, la sistemo io.”
Il giorno dopo ci fu la tragedia: mio padre non voleva assolutamente che io mi distraessi dai miei studi ingegneria invocando spese famigliari già al limite del suo stipendio.
Niente da fare: Penelope (così la battezzai) era parte della famiglia ormai, anzi era mia!
Dopo trentanove anni, è ancora qui con me e quante ne abbiamo passata insieme!
Ma questo ve lo racconto nelle prossime puntate…